Iniziate le prove sperimentali nell’impianto di acquacoltura dell’Istituto Spallanzani per il progetto internazionale SABANA
Rivolta d’Adda, 30 novembre 2018 – Il settore acquacoltura è una forma di produzione agricola in forte crescita che va incontro al bisogno di prodotti ittici per l’alimentazione umana in continuo aumento in tutto il mondo e che non può essere soddisfatto unicamente dalla pesca.
I dati parlano chiaro: si stima infatti che in Europa, entro il 2030, le produzioni aumenteranno del 41% per le specie d’acqua dolce e del 112% per quelle mediterranee, rispetto agli ultimi dati del 2010. Questo aumento di produzione dovrà necessariamente essere sostenuto da un incremento del 46% nella disponibilità di mangime.
Attualmente l’acquacoltura viene praticata attraverso l’uso di mangimi arricchiti con farine e oli di pesce che, per buona parte, sono di origine oceanica. Si è reso quindi necessario, visto l’aumento crescente di volumi, attuare una produzione di mangimi alternativi più sostenibili che, allo stesso tempo, garantiscano un alto valore nutrizionale e siano competitivi nei costi.
“Le microalghe – spiega Marina Montedoro, Direttore dell’Istituto Sperimentale Italiano Lazzaro Spallanzani – grazie alle loro proprietà nutrizionali e flessibilità metaboliche, potrebbero essere la risposta a questo dilemma. Per questo, come Istituto, nell’ambito del progetto Sabana (Sustainable Algae Biorefinery for Agriculture and Aquaculture), abbiamo iniziato la sperimentazione di mangimi alternativi a base di microalghe nel nostro impianto di acquacoltura. L’obiettivo principale dell’idea progettuale, che vede come capofila l’Università di Almeria, è lo sviluppo di una bioraffineria a base di microalghe integrata e sostenibile da cui produrre una biomassa utilizzabile per il settore mangimistico, utilizzando acqua e sostanze nutritive recuperate dal comparto agroindustriale. La finalità è quella di rendere il settore dell’acquacoltura più sostenibile e consentire, al tempo stesso, di migliorare il bilancio ambientale delle attività del comparto agroindustriale. L’attuale ambito della ricerca permetterà infatti di migliorare la sostenibilità delle produzioni agroalimentari nell’ottica di favorire reali applicazioni dell’economia circolare”.
“Le attività che stiamo conducendo in ambito di acquacoltura e microlaghe sono, peraltro, inserite nel contesto del “Polo delle Microalghe”, il polo creato recentemente dallo Spallanzani insieme ai partner CREA-ZA, Politecnico di Milano e Università Bicocca per lavorare proprio sul settore delle microalghe– aggiunge Katia Parati, responsabile attività per l’Istituto Spallanzani. Sono diverse le microalghe testate (Scenedesmus, Nannochloropsis, Spirulina) nel progetto Sabana inserite in parziale sostituzione della farina e dell’olio di pesce. La sperimentazione metterà a confronto la crescita della Spirulina su scotta, sottoprodotto della caseificazione, rispetto al medium standard (controllo). L’obiettivo è di trasformare la scotta, sottoprodotto della caseificazione ancora ricco in sali e nutrienti ma che comunemente i caseifici considerano uno scarto da smaltire, in un prodotto di valore, fertilizzante, da utilizzare per la coltivazione di preziose microalghe, ricche in proteine, vitamine e antiossidanti da utilizzare come integrazione nel settore mangimistico”.
Questa ambiziosa ricerca è frutto sia di una stretta collaborazione tra l’Istituto e le imprese del territorio, come il Caseificio “Il cigno” di Rivolta d’Adda (CR) che fornisce il sottoprodotto per la sperimentazione, sia di collaborazioni internazionali: con l’Università di Ameria (Spagna), per la prova alimentare con microalghe Nannochlopsis e Scenedesmus e con AIA (brand Veronesi), per la verifica di diete sperimentali a base di microalghe su pesci di interesse zootecnico al fine di verificarne efficacia e salubrità.